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DISCONOSCIMENTO DI PATERNITA’

Breve trattazione in tema di azione di disconoscimento della paternità.

Un antico brocardo recita “Mater semper certa, pater incertus”.

Per una madre, grazie al fatto naturale del parto, è difficile sostenere che un figlio non sia il proprio; le è concesso – qualora non lo volesse tenere –  la facoltà di non riconoscerlo, restando anonima.

Per un padre la questione è diversa.

In costanza di matrimonio, il riconoscimento del figlio da parte del padre è automatico e a quest’ ultimo viene data la possibilità di sostenere che il figlio – in presenza di determinati requisiti previsti dalla legge – non sia il proprio: si tratta di esercitare l’azione di disconoscimento della paternità; tale azione, azionata innanzi al Tribunale, è disciplinata dagli art. 243 bis c.c. e seguenti.

L’azione è consentita in tre casi: mancata coabitazione dei coniugi nel periodo presunto del concepimento; impotenza del marito di generare; adulterio della moglie al tempo del concepimento.

L’azione non è esperibile in qualsiasi momento poiché soggetta a termini di decadenza: ai senti dell’articolo 244 c.c. l’azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio ovvero dal giorno in cui è venuta a conoscenza dell’impotenza di generare del marito al tempo del concepimento; Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita: se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare ovvero l’adulterio della moglie al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza.

Se il marito non si trovava nel luogo in cui è nato il figlio il giorno della nascita il termine per l’esercizio dell’azione decorre dal giorno del suo ritorno. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.

In ogni caso l’azione non può essere proposta oltre cinque anni dal giorno della nascita e questo a tutela del rapporto che si è formato con il bambino allo scopo di non ledere gli affetti dello stesso.

L’azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio che ha raggiunto la maggiore età. L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio.

La prova per il disconoscimento della paternità può essere data con ogni mezzo: nella prassi si fa ricorso all’utilizzo delle prove genetiche o ematologiche che costituiscono le uniche prove dirette e non presuntive della paternità perché dimostrano con certezza che il figlio ha caratteristiche genetiche  o gruppo sanguigno incompatibili con il presunto padre, anche in mancanza della dimostrazione dell’adulterio o dell’impotenza.