La novità fondamentale introdotta con la recentissima Sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 35385 del 18.12.2023 consiste nel prendere in considerazione e computare anche il periodo della convivenza prematrimoniale ai fini della determinazione dell’assegno divorzile laddove emerga una relazione di continuità tra la fase “di fatto” dell’unione e la fase “giuridica” del vincolo matrimoniale.
Ai fini del riconoscimento e della quantificazione dell’assegno divorzile il criterio della durata del matrimonio assume, anche alla luce di quanto affermato dalla Cassazione 18287/2018, una rilevanza cruciale: sulla scorta di ciò nonché della crescente diffusione del fenomeno della convivenza, la Corte ha ritenuto che la convivenza prematrimoniale, laddove protrattasi nel tempo e laddove abbia consolidato una divisione dei ruoli domestici capace di creare scompensi destinati a proiettarsi sul futuro matrimonio e sul divorzio che dovesse seguire, deve necessariamente essere presa in considerazione anche nella fase patologica del rapporto coniugale e dunque, anche ai fini della determinazione dell’assegno divorzile.
Il Giudice di legittimità ha enunciato il seguente principio di diritto, destinato a ripercuotersi sui futuri giudizi: “Ai fini dell’attribuzione e della quantificazione, ai sensi dell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, dell’assegno divorzile, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase «di fatto» di quella medesima unione e la fase «giuridica» del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio».