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CONTRATTO PRELIMINARE DI VENDITA AD EFFETTI ANTICIPATI

Nel preliminare di vendita, quando le parti convengono la consegna dell’immobile prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, poiché la disponibilità del bene conseguita dal promissario acquirente si fonda su un contratto di comodato funzionalmente collegato al preliminare. Pertanto, l’anticipata disponibilità dell’immobile in capo al promissario acquirente è qualificabile come detenzione e non come possesso utile ad usucapionem.

Il contratto preliminare di vendita ad effetti anticipati è una particolare figura negoziale, largamente diffusa nella compravendita immobiliare che sposta su di sé alcune obbligazioni comunemente nascenti dal contratto di vendita. Si tratta di uno schema negoziale con il quale le parti contraenti non si limitano ad assumere reciprocamente l’obbligo di contrarre ma anticipano le prestazioni che solitamente discendono dal contratto definitivo, quali, ad esempio, la consegna del bene.

L’inquadramento giuridico di questo particolare tipo di contratto è stato a lungo dibattuto. Diversi sono gli orientamenti che si sono susseguiti nel tempo. Secondo una prima tesi, alquanto risalente, l’anticipazione degli effetti tipici del contratto di compravendita sarebbe compatibile solo con un vero e proprio contratto definitivo e dunque, escludeva che si potesse parlare di contratto preliminare di vendita. Diametralmente opposta, era la corrente che definiva la fattispecie negoziale de qua come una sorta di contratto atipico ovvero come un contratto misto. Coloro i quali sostenevano la tesi del contratto atipico configuravano il contratto preliminare come un mero titolo provvisorio che integra un segmento di una sequenza procedimentale i cui effetti finali si raggiungevano solo con la stipula del definitivo. I sostenitori della tesi del contratto misto ritenevano che lo scopo del preliminare sarebbe stata la conclusione delle prestazioni, considerata dalla dottrina come causa del definitivo. Nel 2008 le Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Unite, 27 marzo 2008, n. 7930) sono giunte alla qualificazione della fattispecie in esame in più contratti casualmente autonomi ma funzionalmente collegati. I Giudici hanno rilevato come le parti, con la stipula del preliminare di compravendita, stipulano altresì dei “contratti accessori, al preliminare necessariamente perché funzionalmente connessi e, tuttavia, autonomi rispetto ad esso, rispondendo ciascuno ad una precisa tipica funzione economico-sociale”. Tali negozi collegati vengono individuati nel comodato, per quanto attiene la consegna anticipata del bene, e nel mutuo gratuito, con riferimento alla corresponsione di somme da parte del promissario acquirente al promittente venditore.

Promissario acquirente: possessore o detentore? Connessa alla natura giuridica del preliminare ad effetti anticipati, è la questione relativa alla posizione assunta nella dinamica contrattuale dal promissario acquirente immesso nel godimento anticipato del bene. Secondo alcuni “la convenzione non tende solo ad attribuire il godimento del bene ma è in funzione di un comune proposito di trasferimento della proprietà alla quale è coerente il passaggio immediato del possesso, che costituisce solo un’anticipazione dell’effetto giuridico finale perseguito”. I fautori dell’opposta soluzione sostengono che “il protrarsi della disponibilità della cosa da parte del promissario acquirente, che ne sia stato subito immesso in godimento, giammai può valere come esplicazione di un possesso ad usucapionem. Questo richiede l’animus rem sibi habendi […] che non può sussistere nel caso in cui il godimento dell’immobile sia stato disposto in favore del promissario acquirente con apposita clausola del contratto preliminare che per definizione è un contratto ad effetti obbligatori e non reali”. Il Supremo Consesso ha composto il contrasto giurisprudenziale stabilendo che l’immissione del promissario acquirente nella disponibilità del bene configura una mera detenzione e dunque ha escluso la possibilità di acquisto del diritto di proprietà per usucapione. Solo con la stipula del definitivo il promissario acquirente, divenuto proprietario, muterebbe la propria posizione da quella di detentore a quella di possessore (cd. interversio possessionis). 

Consegna del bene e vizi dell’immobile: quali rimedi? La giurisprudenza si è interrogata sui rimedi esperibili dal promissario acquirente qualora il bene immesso anticipatamente nella sua disponibilità risulti affetto da vizi. Al riguardo, i Giudici hanno chiarito che la consegna anticipata dell’immobile oggetto dell’accordo non comporta la decorrenza dei termini previsti dall’art 1495 c.c. e cioè la decorrenza del termine di decadenza di otto giorni dalla scoperta per opporre i vizi e quello di prescrizione, pari ad un anno dalla consegna, per esercitare l’azione giudiziale. Per la Suprema Corte l’onere della tempestiva denuncia presuppone l’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà (Cass. civ., sez. II, sent. 16 febbraio 2015, n. 3028 e più recentemente, Cass. civ., sez. II, ord. 27 maggio 2020 n. 9953). Dunque, la presenza di vizi nella res consegnata conferisce al promissario acquirente, senza che sia necessario il rispetto dei termini di cui all’art. 1495 c.c., il diritto di chiedere: a) la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente venditore; b) l’adempimento in forma specifica del preliminare ex art. 2932 c.c. e contemporaneamente, la domanda di riduzione proporzionale del prezzo o di eliminazione dei vizi (sul tema, Cass. civ., sez. II, sent. 7 settembre 2012 n. 14988, in senso conforme Cass. civ., Sez. I, sent. 15 aprile 2016, n. 7584; Cass. civ., sez. II, sent., 11 ottobre 2013, n. 23162); c) ovvero il recesso ove sia stata versata una caparra confirmatoria. Non solo. La presenza di vizi nella cosa consegnata abilita il promissario acquirente ad opporre la exceptio inadimpleti contractus di cui all’art. 1460 c.c. al promittente venditore che gli chieda di aderire alla stipulazione del contratto definitivo (Cass. civ., sez. II, sent. 16 febbraio 2015, n. 3028). È bene evidenziare che non tutti i vizi legittimano l’acquirente ad agire con i predetti rimedi. Se si tratta di difetti di minore importanza, e che comunque non incidono sull’effettiva utilizzabilità del bene, l’acquirente potrà chiedere l’eliminazione del vizio o il risarcimento del danno quantificato in misura corrispondente alla spesa necessaria per ripararlo, o in alternativa chiedere la riduzione del prezzo.

Risoluzione per inadempimento del contratto preliminare: quali conseguenze? Nell’ipotesi in cui il contratto preliminare sia risolto per inadempimento di una delle parti, ciascun contraente ha l’obbligo di restituire le prestazioni ricevute, secondo i principi sulla ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c. Ciò implica che il promissario acquirente “che abbia ottenuto la consegna e la detenzione anticipate del bene promesso in vendita debba non solo restituirlo al promittente alienante, ma altresì corrispondere a quest’ultimo i frutti per l’anticipato godimento dello stesso” (Cass. civ., sez. II, 14 marzo 2017, n. 6575). In altri termini, al promittente venditore va riconosciuta un’equa indennità, che remuneri l’avvenuto godimento dell’immobile. La data iniziale del computo dell’indennità di occupazione va individuata nella data di consegna dell’immobile, in caso di inadempimento del promissario acquirente, ovvero nella proposizione della domanda di risoluzione formulata dall’occupante, nell’ipotesi di inadempimento del promittente venditore (Cass. civ., ord. 14 ottobre 2021, n. 28218).

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